Mozart: Chiarità e Mistero I divertimenti

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Ciò che oggi riconosciamo come bello, in futuro ci si aprirà come verità” (Schiller 1778)

Il 22 febbraio scorso un gruppo di amanti della Musica classica milanesi, guidati da Gebhard von Gültlingen – docente e co-direttore della Scuola internazionale di Musicosophia – si è riunito per incontrare il mondo sublime e ineffabile della musica di Mozart.

La lavagna è al centro della sala illuminata dal lucernario: quasi a simboleggiare che la protagonista di questo soleggiato sabato milanese sarà lei e soltanto lei: Madonna Musica.

Ma chi è Mozart? Perché la sua musica ha l’effetto prodigioso di scaldarci il cuore rendendoci sempre più gai e leggeri? E soprattutto perché questo cosiddetto ‘effetto Mozart’ è così transitorio?

E cosa significa divertimenti? Vuol dire che si tratta di musica di serie B, poco importante, che ha il solo scopo di procurarci un superficiale momento di svago?

Andiamo ad un concerto, ne usciamo fluttuando a 10 cm dal suolo, pieni di belle emozioni e con la testa ridondante di echi di melodie: la bellezza misteriosa della Musica ci ha pervasi e ci rende felici. Ma bastano solo poche ore perché – puff – queste sensazioni svaniscano nel nulla.

E’ infatti questo lo scopo del Metodo Musicosophia: esso è nato sulla base di una intuizione e dell’esperienza personale del fondatore della Scuola internazionale, – il Prof. George Balan – proprio per soddisfare questa esigenza dell’ascoltatore. Ancor di più: egli, proprio in quanto musicologo, ha potuto personalmente realizzare che l’ascolto puro e semplice, sognante e passivo non rende merito allo sforzo creativo del compositore e dell’interprete. Egli ha intuito che il processo creativo di un capolavoro musicale si sviluppa in tre momenti:

C’è lo sforzo del compositore che unisce le sue conoscenze tecniche a una ispirazione che proviene da sconosciute altezze: nasce così il capolavoro, che però resta ‘lettera morta’ se non interviene un esecutore che dia vita, anche lui unendo capacità tecniche al talento creativo, al susseguirsi dei punti neri sul pentagramma. Ma se l’esecuzione non viene accolta dall’ascoltatore in maniera altrettanto seria ed attiva il processo creativo si interrompe e diventa vano. Si richiede così all’ascoltatore di smettere di sognare e di lasciarsi cullare dai suoni, per porsi con atteggiamento aperto, attivo e creativo nell’accogliere la musica. Anche lui diventa partecipe del processo creativo che richiede fatica, impegno e dedizione.

Ma quali ‘strumenti’ possiede l’ascoltatore per accogliere con il dovuto sforzo creativo il capolavoro musicale?

Nella società di oggi si sopravvaluta la mente e ci si dimentica del corpo. Si è diffusa l’idea che per stare bene dobbiamo ‘vincere’ le emozioni e padroneggiare il corpo sotto la tirannia della mente

Ma allora come possiamo fare per permettere a quella felicità che scaturisce dall’incontro con il mistero della bellezza diventi duraturo?

Non c’è bisogno di un altro strumento, bensì dell’unione tra corpo, emozioni, anima e mente: l’ascoltatore deve aprirsi con tutto sé stesso alla musica lasciandole uno spazio libero nel quale essa possa essere ricevuta. E da lì egli comincia la sua indagine alla ricerca dell’ineffabile mistero che porta in sé l’arte e che fa di essa una portatrice di bellezza, di meraviglia e – perchè no – anche di un che prodigioso, perché sicuramente la sua origine risiede nel trascendente.

In ogni seminario è sempre necessaria questa lunga introduzione: indispensabile per chi si avvicina la prima volta al metodo Musicosophia; ma credo molto importante anche per chi percorre questo cammino da tanto tempo. Ciò per non dimenticare che il metodo- a volte così faticoso, a volte vissuto come arido ed eccessivamente speculativo, con delle regole ben precise, ma al tempo stesso nuovo ogni volta che si approccia un nuovo brano (perché ogni brano è come un individuo ossia unico e irripetibile) e dunque difficile da applicare – è solo un mezzo.

Scopo è riuscire a penetrare nelle trame della musica per individuarne l’intreccio e potersi nutrire di esso.

Scopo è essersi aperti talmente alla musica – dimenticando per qualche ora sé stessi – che essa ti pervade: diventa parte della tua interiorità, avvolge e nutre la tua anima.

Scopo è sentire con tutto sé stessi che la sostanza di cui è fatta la musica viene sicuramente dal trascendente. E che adesso però mi è permesso toccarla e respirara.

Quel canticchiare che ci è servito per cominciare ad avvicinarci al brano parlando la sua stessa lingua, e che all’inizio è timido ed al contempo incosciente, diventa un canto interiore cosciente, un balsamo per l’anima tutte le volte che la bruttezza e la crudeltà della vita l’attaccano e la feriscono.

Al grado finale del metodo, dopo la ricerca della struttura, dopo aver tracciato la linea melodica, dopo aver elaborato una meloritmia coinvolgendo così l’intelligenza della mano, comincia il vero cammino: la contemplazione del brano nella sua struttura e bellezza ma non più dal di fuori. E’ sufficiente che l’ascoltatore cosciente guardi dentro di sè per trovare un nuovo spazio silenzioso occupato dal brano musicale.

E così abbiamo scoperto che un divertimento di Mozart (nel nostro caso il divertimento in re maggiore kv 136, II.movimento_Andante) non è una musica scritta solo per un breve momento di svago.

Esso ci racconta qualcosa di Mozart: ma non dell’uomo Mozart bensì della sua anima ‘scelta’ per diventare canale di una bellezza che non è di questo mondo. Che il mistero della bellezza sta nell’ordine e nell’armonia: ordine e armonia che sono qualità di un mondo superiore e che si contrappongono al caos e alla bruttezza della realtà di questa terra.

Il divertimento è stato anche l’occasione per parlare del linguaggio mozartiano, cioè di come lui espone le sue idee. In particolare abbiamo scoperto che Mozart anche quando sembra tremendamente classico si prende delle libertà: compaiono dei temi nuovi (che qui abbiamo chiamato intermezzo) estranei alla struttura, a volte molto brevi, dove Mozart apre la sua anima e ci racconta di sé. Questo apparirà più evidente nei concerti per piano dove appare spesso nei movimenti lenti un tema C che porta in sé questa qualità di intima confessione di sé.

Nel pomeriggio abbiamo ricevuto un grande regalo: poter applicare il metodo Musicosophia ascoltando un brano musicale suonato dal vivo.

La pianista georgiana Mino ci ha donato la sonata n. 12 in fa maggiore k332 detta parigina n. 4.

Con lei così paziente, generosa e aperta verso il metodo abbiamo indagato il mistero di questo nuovo brano.

Bel lavoro anche molto educativo! Dall’analisi del brano si traccia anche la genesi della forma-sonata che in questo caso è ancora in germe. Essa andrà definendosi nel Mozart tardivo e con Haydn, e poi riceverà la sua massima espressione con Beethoven, Brahms, e l’apoteosi con Mahler.

In questa sonata c’è ancora solo un germe dello sviluppo – di cui sarà maestro Beethoven – e anche qui compare un intermezzo…

Riprendiamo il II.movimento del Divertimento per dedicarci a fondo al gesto.

Il ribadire che il mistero della bellezza risiede nella trascendenza che può manifestarsi solo in presenza di ordine ed armonia, è l’occasione per una breve digressione nella musica contemporanea in special modo a quella atonale.

Perché Musicosophia non applica il suo metodo anche a questa musica?

Perché la musica atonale e in generale quella moderna parte dal presupposto che prioritaro non è esprimere ordine ed armonia, bensì descrivere e rappresentare la realtà, con tutte le sue bruttezze e disarmonie. La musica atonale perde il suo carattere trascendente, non può superare il passare del tempo diventando capolavoro intramontabile come quella tonale, e sicuramente non è balsamo per l’anima.

Infatti alcuni compositori moderni hanno afferrato questo concetto per ritornare alla tonalità. Ne abbiamo un esempio in Arvo Pârt nel brano sublime Spiegel im Spiegel.

E così il sabato è volato. Il sole è ormai già tramontato e noi torniamo a casa con tante informazioni, tante emozioni:ma soprattutto con una nuova amica che è dentro di noi e ci conosce meglio di chiunque altro e ci permette anche di guardarci dentro con maggiore onestà, consolandoci al tempo stesso: il suo nome è Madonna Musica.

Milano 22 febbraio 2014

Tania Donati

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